Visto che il nostro reparto è stato uno dei pochi, o forse l’unico, ad aver adottato questa arma, pubblichiamo qui un paio di articoli che ne raccontano la storia e le sue caratteristiche.
Articolo di Gaetano Cipriani pubblicato su Panorama Difesa (n.12 1987)
Durante una delle nostre visite presso gli stabilimenti della Luigi Franchi SpA di Brescia abbiamo potuto esaminare e provare una delle più interessanti e meno conosciute pistole mitragliatrici prodotte in passato nel nostro paese: la LF 57 in calibro 9 mm Parabellum, adottata sia dall’Esercito Italiano (che la mantiene in riserva, ed è molto raro vederne una durante le esercitazioni) che da quello portoghese, che in passato l’ha usata a lungo e con profitto durante i conflitti sfociati nell’indipendenza del Mozambico e dell’Angola. Benchè la LF 57 abbia ormai più di trent’anni crediamo interessante presentarla ugualmente ai lettori in quanto adotta diverse soluzioni tecniche e costruttive che sono state in seguito applicate a diverse pistole mitragliatrici oggi in servizio. Il progettista di quest’arma è l’ingegner Zanoni, che oggi fa parte dello staff tecnico della Vincenzo Bernardelli SpA per la quale ha tra l’altro sviluppato la pistola P 018/9. Fin dal primo momento in cui si impugna, la LF 57 dà la sensazione di avere a che fare con un prodotto nato per l’impiego militare: tutta la carcassa è in lamiera stampata, e se ciò oggi può anche non stupire più occorre rilevare che, tenuto conto del momento in cui l’arma uscì sul mercato, il risultato è molto buono: diverse nervature irrobustiscono la carcassa e tre file di fori per ogni lato lasciano fluire l’aria intorno alla canna, contribuendo a mantenere la temperatura entro livelli contenuti. Se si esaminano i mitra prodotti negli anni cinquanta (PM Madsen, Sterling, Carl Gustav, MAT 49) ci si rende conto di come la Franchi LF 57 sia rispetto a questi molto più moderna sia come metodo di costruzione che come soluzioni atte a diminuire il rilevamento durante il tiro (massa battente avanzata e sovrastante la canna). Le uniche “coetanee” che possono reggere il confronto con la LF 57 sono la UZI israeliana e la CZ cecoslovacca, ambedue molto apprezzate e conosciute dagli appassionati ma che a nostro parere, a causa dell’impugnatura ortogonale che contiene il caricatore, sono molto meno controllabili durante il tiro a raffica continua. Nonostante le ottime qualità la LF 57 non ha avuto un grande successo commerciale: ne sono state costruite circa 25.000, 13.500 delle quali sono finite nei magazzini dell’Esercito Italiano e altre 10.000 ai portoghesi. Una versione sportiva con canna lunga e capace di solo tiro a colpo singolo fu prodotta in un numero limitato di esemplari ed è oggi un pezzo di pregio sul mercato collezionistico estero, in quanto non fu mai venduta in Italia a causa del calibro considerato “da guerra”. Recentemente l’arma è stata fornita anche in versione a canna normale dotata di solo tiro semiautomatico ad una polizia straniera; gli esemplari risalivano comunque agli anni cinquanta, in quanto la LF 57 non è più in produzione da tempo. Un fattore molto interessante diquesta pistola mitragliatrice è il prezzo, che è realmente contenuto (gli ultimi esemplari sono stati venduti ad un costo unitario di circa 400.000 lire). La finitura esterna è particolarmente adatta ad un’arma destinata all’impiego campale: la sabbiatura e la fosfatazione pongono la LF 57 al riparo dalla corrosione ed eliminano totalmente la presenza di riflessi. Se si ascoltano i commenti dei reduci delle campagne coloniali dell’Angola e del Mozambico si possono raccogliere commenti entusiastici sulla LF 57, che per la sua affidabilità e l’interpretazione “elastica” delle scritte presenti sul lato destro fu soprannominata “San Luigi”. Nulla di quest’arma è lasciato all’estetica o alla ricercatezza: un mitra deve essere rustico e funzionare in ogni situazione, e questo è stato l’obbiettivo fissato in sede di progetto e di realizzazione. La LF 57 ha infatti un aspetto piuttosto rustico e non troppo curato nelle finiture: numerosi sono ad esempio i segni di saldatura visibili, anche se gli standard di produzione sono di gran lunga superiori a quelli di molte pistole mitragliatrici prodotte durante la seconda guerra mondiale. Il funzionamento dell’arma è con chiusura a massa, mentre il ciclo di tiro inizia ad otturatore aperto. La manetta di armamento sporge dal lato sinistro, ed una volta che l’otturatore è stato tirato indietro ed agganciato dal dente d’arresto questa può tornare in sede dove resta bloccata. In questo modo durante il tiro non vi sono parti esterne in movimento e l’arma può essere imbracciata con piena sicurezza e tranquillità. L’otturatore è senza dubbio una delle componenti più interessanti della LF 57: per ovviare al rilevamento il progettista ha applicato due soluzioni. La prima è stata quella di mantenere a livelli molto bassi il ritmo di tiro, che si aggira sui 460 colpi al minuto; un valore abbastanza ridotto, che permette di riconoscere la LF 57 dal rumore prodotto dalla raffica, molto diverso da quello degli altri mitra. La seconda consiste nell’adozione di un otturatore a massa battente avanzata. Abbiamo già parlato dei motivi che hanno indotto molti progettisti a costruire armi a massa battente avanzata nell’articolo sulla PM 12 S, apparso sul numero 33 della rivista; in questa sede aggiungeremo solo che a differenza della PM 12 l’arma della Franchi fa uso di un otturatore con gran parte della massa posta sopra la canna, anziché adottare la formula telescopica che consente una migliore distribuzione dei pesi in movimento. A livello teorico bisogna riconoscere che la soluzione della Beretta è molto più razionale ed efficace, anche se in pratica non è facile dire quale arma tiri più “dritto”. La carcassa è composta da due gusci in lamiera stampata saldati e tenuti insieme anche mediante alcuni rivetti: in questo tipo di costruzione risiede forse il principale difetto della LF 57. Il sistema di scatto, molto semplice e razionale, è contenuto all’interno dell’impugnatura e non può essere facilmente raggiunto per la pulizia; l’arma può presentare di conseguenza malfunzionamenti nel caso in cui sabbia, fango o altri elementi estranei penetrino in profondità nei meccanismi interni, anche se questa eventualità è piuttosto remota. Il sistema di scatto è dotato di una sicura all’impugnatura che, se non premuta, impedisce all’otturatore di terminare la sua corsa e di colpire l’innesco della cartuccia. Non sapremmo dire se in armi molto usate il piolino che impedisce all’otturatore di andare in chiusura possa danneggiarsi a tal punto da divenire inefficace. Questo tipo di sicura è comunque molto efficiente ed impedisce che l’arma, cadendo su una superficie dura, possa sparare inavvertitamente. Durante la prova di tiro effettuata abbiamo volutamente colpito con decisione il pavimento del poligono con il calcio della LF 57 (che ha un disegno non molto robusto) constatando come la sicura impedisca all’otturatore, che per forza di inerzia arretra ma nonabbastanza da essere agganciato dal dente di arresto, di tornare in chiusura. Il sistema di puntamento è molto rustico, ed è costituito da un mirino fisso e da una tacca regolabile in derivazione. La linea di mira è azzerata a 50 metri. Lo smontaggio da campo è molto semplice e rapido da eseguire e non richiede alcun attrezzo. Per prima cosa è necessario porre il calciolo in posizione aperta e, dopo aver premuto la sua leva di aggancio, sfilarlo verso l’alto. Fatto questo si ruota di 90 gradi il guidamolla e lo si sfila dal retro dell’arma insieme alla molla di recupero. A questo punto l’otturatore può essere asportato sempre dal retro. Per svitare la canna occorre tirare leggermente indietro la manetta d’armamento; una volta che la canna è stata completamente svitata e sfilata dall’arma anche la manetta d’armamento può venire separata dalla carcassa. Concludiamo come al solito la descrizione con un resoconto delle prove di tiro, effettuate nel poligono della Franchi. Anche con l’arma al fianco si possono sparare delle raffiche precise piazzando i colpi sul bersaglio, costituito nel caso specifico dalla sagoma di una figura umana ripresa nell’atto di sparare contro il tiratore. Passando al tiro con l’arma imbracciata a calcio esteso siamo rimasti meravigliati dall’accuratezza ottenibile sparando brevi raffiche. Abbiamo cercato di sparare anche a colpo singolo esercitando una pressione minima sul grilletto, operazione che con la LF 57 risulta di facile esecuzione in quanto la cadenza di tiro è molto bassa. Le attuali tendenze vogliono che il mitra, tipica arma di saturazione, spari ad una cadenza elevata (anche 900 colpi al minuto) ma un’arma con un ritmo di fuoco basso come quello della LF 57 permette di ottenere risultati ragguardevoli, anche quando il tiratore ha poco allenamento. L’esemplare provato era simile a quelli in dotazione all’E.I. e cioè sprovvisto di selettore (peraltro inutile vista la bassa cadenza); il modello portoghese può invece sparare sia a raffica che a colpo singolo; il comando di selezione è posto sopra l’impugnatura ed è del tipo a piolo passante. A conclusione della prova abbiamo sparato una decina di colpi con una sola mano, ottenendo dei risultati discreti grazie alla quasi totale assenza di rilevamento. La LF 57 è un’ottima pistola mitragliatrice. La tecnica odierna è in grado di offrire qualcosa di più sia per ciò che riguarda la praticità di smontaggio e di pulizia che le prestazioni, ma nonostante ciò il progetto dell’ingegner Zanoni mantiene, a trent’anni dalla sua concezione, piena validità. Con l’ingresso della Franchi nel gruppo SOCIMI e i prevedibili interventi per la razionalizzazione e revisione della produzione è molto probabile che la LF 57 esca, dopo una lunga e meritata presenza, dal catalogo della ditta bresciana. E’ un vero peccato. La LF 57 è stata un’ottima arma, forse non apprezzata a dovere all’epoca in cui si presentò sul mercato; lasciamo almeno che questo breve articolo le renda il giusto tributo prima del pensionamento.
La pistola mitragliatrice LF 57
La bella addormentata
Articolo di Jean Pierre Husson pubblicato su Diana Armi
“Riscoperta” di recente dal nostro Esercito, la pistola mitragliatrice Franchi LF 57 ebbe il battesimo del fuoco in Africa oltre trent’anni fa. Robusta e affidabile, soprannominata “San Luigi” dai mercenari impiegati nella guerra in Congo, è oggi tornata d’attualità: circa 15.000 esemplari sono stati modificati dallo SMAL di Terni, su richiesta dello Stato Maggiore, per sparare in semiautomatico.
Erano lì da anni, accuratamente custodite ma praticamente dimenticate da tutti. Mai utilizzate se non dagli operatori del defunto e rimpianto GRACO (Gruppo Acquisizione Obiettivi), gli artiglieri paracadutisti della Brigata “Aquileia” incaricati di dirigere il tiro delle batterie missilistiche dopo infiltrazione e ricognizione degli obiettivi dietro le linee avversarie, le migliaia di SMG (Sub Machine Gun) Franchi LF 57 ancora nuove di fabbrica, che dormivano nei depositi ed armerie del nostro Esercito, sembravano ormai destinate a diventare cimeli storici buoni solo a fare la gioia dei collezionisti. Invece no! Dopo un lungo sonno e contro ogni aspettativa la “Bella addormentata” si è risvegliata grazie, non al bacio del Principe, ma all’iniziativa di alcuni responsabili degli Armamenti del Ministero della Difesa che hanno deciso, dopo modifiche ad hoc, di farla tornare in servizio. Certo, molti potranno sempre discutere sull’opportunità di tale iniziativa, soprattutto riguardo alle trasformazioni meccaniche alle quali è stata sottoposta l’arma per renderla idonea al tiro semiautomatico, ma tutto ciò ci sembra comunque meno soggetto a polemiche della decisione, presa alcuni anni fa da qualche sapientone delle nostre forze armate che intendeva forse far risparmiare i soldi dei contribuenti ricamerando la leggendaria MG 42/56 per la cartuccia standard da 5,56 mm NATO…..Robusta e affidabile
Nella seconda metà degli anni cinquanta Beretta e Franchi intrapresero lo studio di diverse armi militari destinate a sostituire tutte quelle allora in dotazione alle Forze Armate Italiane. Entrambe le case progettarono e svilupparono fucili d’assalto, carabine automatiche e pistole mitragliatrici. Alla Franchi il primo nuovo prodotto a concretizzarsi fu appunto un mitra, l’LF 56, apparso nel 1956 allo stadio di prototipo. Dopo alcune modifiche di dettaglio, in primo luogo le nervature di irrigidimento della carcassa, questa pistola mitragliatrice prese la denominazione definitiva di LF 57, dove LF sta per Luigi Franchi e il numero di nomenclatura alfanumerica 57 per 1957, anno della sua messa in produzione. Anche se è stato il primo mitra di concezione Franchi, è evidente il frutto di un lavoro svolto da tecnici che avevano dimestichezza con armi di questa categoria e il loro impiego. Concettualmente valida, robusta e affidabile, la LF 57 è stata prodotta tuttavia in poche migliaia di esemplari in quanto i soli militari italiani ad usarla continuativamente sono stati, come già accennato, i baschi rossi del GRACO. In realtà ad aver condizionato il successo commerciale dell’LF 57 è sicuramente la forte concorrenza interna che ha visto l’arma Franchi opporsi a un prodotto altrettanto valido firmato Beretta, ovvero il famoso M 12. Nonostante un interesse iniziale da parte dei militari italiani, in seguito tra l’altro al giudizio espresso dall’Ispettorato dell’Artiglieria che aveva indicato la sua preferenza per l’LF 57 nei confronti dello sperimentale M 10 Beretta, il modello Franchi non venne scelto come mitra standard dalle forze armate e di polizia italiane che preferirono adottare il mitra Beretta. Forse vi sono stati anche errori commerciali da parte della Franchi, ma comunque sia l’LF 57 ha avuto soprattutto una grande sfortuna: quella di trovarsi tra i “piedi” il Beretta M 12, che molti specialisti considerano ancora oggi il migliore mitra tra tutti quelli a otturatore lanciato. Al pari dei quasi contemporanei prototipi dell’ing.Salza, il Franchi LF 57 riflette l’impostazione del mitra OG 44, soprattutto per quanto riguarda l’otturatore, che è del tipo con percussore fisso e massa avanzata, spostata in buona parte sopra la canna. Questa soluzione risulta ottima per ottenere sia un migliore controllo dell’impennamento nel tiro a raffica, sia una riduzione sensibile delle dimensioni, senza sacrificare la lunghezza della canna, pur mantenendo una corsa dell’otturatore decisamente lunga; cosa evidenziata dalla ridotta celerità di tiro dell’LF 57 (460 colpi/minuto con cartucce 9 Parabellum a norma NATO), nonché dall’assenza di tracce d’urti sulla testata posteriore della carcassa.
Conservando l’impostazione dell’otturatore l’LF 57 mutua dall’Armaguerra anche la molla di recupero e relativa guida: la prima parzialmente alloggiata nell’appendice superiore dell’otturatore, mentre la seconda passante attraverso la medesima appendice. Stabilizzato sia anteriormente che posteriormente il guidamolla, che contribuisce anche a guidare lo scorrimento dell’otturatore, non viene tuttavia estratto dal davanti come quello dell’OG 44, ma dal dietro, dopo la rimozione del tappo posteriore della culatta. Se l’otturatore della pistola mitragliatrice ricalca quello dell’Armaguerra, diverso è invece il discorso riguardo alla carcassa in lamiera stampata, costituita da un unico prisma contenente canna, otturazione e pacchetto di scatto, e dotata di due appendici inferiori che costituiscono impugnatura e bocchettone caricatore, il tutto formando un solo pezzo. Il mitra veniva infatti realizzato unendo tra loro due gusci in lamiera stampata, ognuno dei quali formava la completa metà destra o sinistra dell’intero gruppo carcassa impugnatura bocchettone, in modo che il profilo interno di uno entrasse parzialmente nell’altro. Il collegamento dei due gusci veniva poi reso permanente per saldatura e la struttura completata con traversini di irrigidimento e le necessarie chiodature che servono anche a tenere in posizione quelle parti dell’arma destinate a non essere più smontate. Tutte le parti della meccanica sono invece trattenute da spine passanti e possono venire estratte dal dietro della carcassa, la cui parte posteriore rimane aperta, essendo chiusa infatti posteriormente da un tappo che viene inserito dall’alto verso il basso, trattenuto da guide ricavate sulla parte esterna della carcassa e bloccato mediante un ritegno a molla. Anteriormente la carcassa è chiusa invece da manicotto di guida della canna, la quale è bloccata con una ghiera filettata che si avvita sul manicotto stesso. Sul fianco sinistro della carcassa è situata la manetta d’armamento, dotata di un lungo stelo guidamolla, che non è collegata permanentemente all’otturatore ma lo aggancia solo in fase di armamento. Una volta che l’otturatore è arretrato la manetta torna infatti in avanti sotto la spinta della sua molla e rimane stazionaria durante il fuoco.
In nome di tutti i Santi
La SMG della Franchi è dotata di un doppio blocco di scatto (o doppia leva di scatto), anteriore e posteriore, destinato a prevenire spari accidentali. Il blocco anteriore di sicurezza non è collegato al blocco di scatto vero e proprio, ma a una leva posta sulla parte frontale dell’impugnatura. Blocco di sicurezza e leva costituiscono una sicura automatica: se la leva della sicura posta nell’impugnatura non viene premuta a fondo, il blocco di sicurezza non si abbassa e intercetta l’otturatore prima che questo possa sfilare una cartuccia dal caricatore per introdurla in camera. Con l’otturatore impegnato dal blocco di sicurezza, la geometria delle parti è tale che, anche premendo la leva di sicura automatica, non avviene in normali condizioni d’uso lo sganciamento del blocco di scatto dall’otturatore: questo deve essere arretrato prima che sia possibile far abbassare il blocco di sicurezza. Previsto in origine con la sola possibilità del tiro a raffica il Franchi LF 57 è stato poi prodotto anche con un meccanismo di tiro selettivo, semiautomatico e automatico. Su questi ultimi modelli la selezione del tiro viene comandata mediante un traversino posto sulla mezzeria dell’impugnatura, nel punto dove questa si congiunge alla carcassa. Spostando il traversino da sinistra verso destra l’arma spara a raffica, mentre col traversino spostato da destra verso sinistra avviene lo scappamento fra leva di scatto e leva di trasmissione che realizza la disconnessione della catena di scatto permettendo il colpo singolo. Arma semplice, rustica, robusta e affidabile, ma forse esteticamente non molto elegante, l’arma è alimentata mediante i caricatori del vecchio MAB, trattenuti in sede da un ritegno in lamiera stampata posto sul bocchettone, all’altezza del grilletto, ed è dotata di organi di mira fissi e di calciolo a struttura tubolare, fissato al tappo posteriore della carcassa. Questi ultimi elementi costituiscono in realtà due degli aspetti meno riusciti dell’LF 57. Ribaltabile sul fianco destro dell’arma, il calciolo può essere usato come una specie d’impugnatura anteriore, ma non dispone di un vero e proprio dispositivo di bloccaggio fisso. Stessa cosa in posizione aperta, in quanto il calciolo non viene solidamente bloccato da un dispositivo abbastanza rigido. Anche se dovuta al fatto di non interferire con l’espulsione dei bossoli esplosi in posizione chiusa, la conformazione generale del calciolo, liscio e dritto, è alquanto discutibile e pare fatta apposta per esaltare il rilevamento e la dispersione dei colpi sul piano orizzontale. Quanto alle mire, tarate per il tiro a 50 metri, si sono rivelate troppo piccole, non registrabili (se non intervenendo sulla tacca con punzone e martello visto che è innestata a coda di rondine) e prive di qualsiasi protezione contro gli eventuali urti. In apertura di questo servizio abbiamo accennato al mancato successo commerciale registrato dalla pistola mitragliatrice LF 57. Anchel’eccellenza del concorrente nato e prodotto a pochi chilometri di distanza non basta a spiegare da solo il fiasco della SMG Franchi. Forse con alcuni affinamenti, mai apportati dall’azienda bresciana, e una politica commerciale più aggressiva la LF 57 avrebbe conosciuto un altro destino. In realtà non si capisce proprio il perché di questo fiasco non certamente imputabile alle sue dimensioni e peso (680 mm di lunghezza totale, 420 con calciolo ripiegato, per un peso di 3,3 kg a vuoto), sensibilmente paragonabili alle realizzazioni concorrenti. Per di più se funziona così bene come sembra indicare il suo soprannome. Conosciuto infatti come “San Luigi”, il Franchi LF 57 pare sia debitore di questo soprannome ai combattenti di varie nazionalità, dai militari portoghesi impiegati nelle operazioni antiguerriglia in Angola e Mozambico, ai mercenari e “soldati perduti” di tutte le guerre post coloniali africane. Perché “San Luigi”? Semplicemente perché ai Santi ci si affida nei momenti del bisogno. E proprio nei momenti del bisogno il Franchi LF 57 non tradiva mai perché funzionava sempre conquistandosi così fama eccellente in quanto a robustezza, semplicità d’uso e affidabilità, appunto, di funzionamento.